Stefano Colangelo
Il diario come forma

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Sommario
I.  Il principio delle date
II. Specificità formale del diario
III. Ricerca della verità e sincerità
IV. Bibliografia


§ II. Specificità formale del diario

I. Il principio delle date

Riflettere sul diario come forma letteraria significa richiamare immediatamente alcune pagine di Adorno. Non è difficile infatti ricordare il titolo di uno scritto, Il saggio come forma, che apre il primo volume delle Note per la letteratura, e che considera innanzitutto l'esempio di György Lukács - L'anima e le forme del 1911, specialmente - estendendosi poi a delineare le caratteristiche di un metodo peculiare alla scrittura del saggio: una ricerca di verità, che procede per salti e fratture, componendosi in un divenire instabile e antidogmatico. Senza voler troppo presumere da questo piccolo intervento seminariale, anch'io vorrei parlare un po' di Lukács. Si tratterebbe, per me, del primo momento di un'indagine più ampia sulla forma letteraria del diario: un'iipotesi di lavoro che dovrebbe toccare, in un secondo tempo, anche Kafka e Gide.

Tento subito una definizione del problema, sulla quale sarà opportuno tornare più avanti: a me interessa il fatto che l'autore di un diario affidi a questa forma lo studio di sé - la decifrazione del proprio divenire, ed insieme la trasformazione della propria immagine morale - ricorrendo ad una cronologia pubblica, convenzionale e collettivamente determinata. A colui che redige un diario il ritmo delle date sembra ricordare costantemente, da un angolo di ciascuna delle pagine che via via si vanno riempiendo, il destino di incompiutezza del suo tentativo di ricerca, l'indecidibiltà delle circostanze e la deriva di una cronaca giornaliera che non si affida alla forza distanziatrice di una narrazione, né alle facoltà retrospettive di un racconto biografico.
È l'uso del tempo, e spesso il conflitto col tempo, che conferisce forma ad un diario. Maurice Blanchot ha fatto di questa premessa una sorta di legge. La dedizione di uno scrittore all'autorità delle date si accompagna al desiderio stesso del diario: al limite tecnico delle date, alla scarna obbiettività, al vuoto di prospettiva di cui esse segnano il passo non ci si sottrae. Le date restano anzi come coordinate di orientamento per proiettare all'esterno il tentativo continuo di studiare se stessi. Viene alla mente Alfieri, che nella Quarta epoca della Vita racconta di essersi posto a «deciferare» una «morale entità», accettando di perdere «tempo ed inchiostro», col rischio di accogliere sulla sua pagina «un giorno peggiore dell'altro»: sono le condizioni per la nascita di un diario; Alfieri le riconosce, ma non le accetta, e definitivamente vi rinuncia.
Aggiungerei un altro elemento, traendolo abbastanza liberamente da una riflessione di Enrico Castelli, curatore di un volume collettivo del 1959, intitolato La diaristica filosofica. Castelli definisce il diario intimo una scrittura non esclusiva: una scrittura in cui l'esame di coscienza dell'autore consiste nella ricerca di un significato che non prescinde dall'evidenza, dall'imprevedibilità dell'accadere quotidiano, cioè da quegli elementi costitutivi che egli chiama «inezie»; una ricerca che anzi, proprio a partire da queste «inezie», riesce ad opporsi - scrive ancora Castelli - «al processo nullificante della ragione pura». Per di più, anche il significato di quelle «inezie» distingue le risorse teoretiche del diario rispetto a quelle del racconto autobiografico: le inezie sono «incompatibili con la linea di massima», argomenta ancora Castelli, «perché in linea di massima si costruiscono delle dottrine». Si potrebbe affermare, allora, che le più limitative, e al tempo stesso le più ricorrenti tra queste inezie, le date, costituiscano per l'autore del diario i segnali di una specifica coscienza tematica: una coscienza prima di tutto morale, diremmo così, e tuttavia, più che in ogni altro genere di scrittura, fatalmente antidottrinaria.

 

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II. Specificità formale del diario

Tenendo conto di questi segnali, si potrebbe guardare al diario, allora, come ad una forma letteraria priva in sé del senso della compiutezza: una forma non sistematica, bensì metodica; una forma che, rinnovando il confronto con il tempo oggettivato, meccanico e persino banalmente ostinato delle date, costringe l'intimità ad una sorta di prova d'attrito con le circostanze esterne. Le date sono il segno di un rapporto costantemente ribadito del soggetto con l'esterno: un rapporto che demarca differenze, prima di tutto, e non necessariamente prospettive comuni tra chi scrive e chi legge, come ricorda anche Focillon nella Vita delle forme.
Ciò che definirei «coscienza tematica» del diario - accettare il fatto che il tempo, all'interno del diario, continui a presentarsi nella forma seccamente ostinata di una data - appartiene al progetto di nascita del diario stesso. A me interessa questa coscienza, proprio nel suo stato di forza progettuale, di desiderio stesso del diario: è questa coscienza, credo, che interagisce con l'idea di forma e con le categorie contestuali della letteratura. Così, il diario può venir letto come una forma letteraria, a prescindere dalla sua dichiarata destinazione: ci sono diari che nascono per essere distrutti, diari che nascono per il segreto, o appositamente per un singolo interlocutore, che magari, come nel caso di Tolstoj, è il coniuge; diari che nascono per venir pubblicati vivente l'autore, o per una lettura postuma. Ma la presenza di queste categorie di diario non riguarda, direi, se non marginalmente l'idea di «coscienza tematica»: essa infatti non comporta una definizione della forma del diario a partire dalla destinazione per la quale esso è concepito.

 

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III. Ricerca della verità e sincerità

Un altro problema, per chi si cimenta con la lettura di un diario è quello, diciamo così, del contenuto. Io credo che la coscienza tematica di un diario non corrisponda al suo contenuto, e non si possa ridurre ad un maggiore o minor grado di sincerità del contenuto stesso. Tento di spiegarmi meglio. Un diario procede sull'impulso di un'aspettativa, di una tensione progettuale che spesso non nasconde un'aperta intenzione etica: io scrivo queste pagine per migliorare me stesso; per diventare irreprensibile, direbbe Gide. Da un momento all'altro questa aspettativa, questa tensione può trasformarsi o disperdersi: il diario può lasciare luogo ad altre forme, oppure, più semplicemente, può finire da un giorno all'altro. Un limite che è anche, come abbiamo detto, una ragione costitutiva del diario. Ecco, la questione, tanto discussa soprattutto in àmbito francese, della sincerità del diario, può venire messa in rapporto con la nostra idea di «coscienza tematica», senza che i due aspetti debbano a forza identificarsi. Lionel Trilling ha scritto un libro celebre, raccogliendo le sue «Norton Lectures» di Harvard: Sincerità e autenticità. Trilling riprende un'affermazione di Gide, e la chiosa scrivendo che, almeno da Oscar Wilde in poi, l'autore è libero, al tempo stesso, di essere e di sembrare sincero col proprio lettore. Questa idea mi conforta nel pensare che la coscienza tematica di un diario non identifichi la ricerca della propria verità con un ipotetico, e difficilmente stimabile, contenuto di sincerità.
Ci si presenta davanti, allora, una contraddizione specifica del diario, molto interessante: l'assoluta libertà del discorso diaristico l'autore la sconta nella rigidità costitutiva del principio delle date. Per Gide l'autore di un diario - come avrebbe detto Terenzio - non ritiene estraneo a se stesso nulla di umano. Ciò vale per l'indecidibilità delle circostanze, per l'inesorabilità delle date e per la fragilità del progetto, ossia per tutti quegli elementi che compongono la coscienza tematica di colui che si accinge a formare un diario: sia che egli vi affidi l'accompagnamento marginale rispetto ad un'opera d'arte o ad una missione critica, sia che dichiari di trovarvi interamente espresse la ragioni della sua lotta con l'esistenza.

 

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IV. Bibliografia

  • AA.VV. - Le désir biographique, publié sous la direction de Ph. Lejeune, in «Cahiers de Sémiotique Textuelle», n. 16, 1989, Université de Paris X.
  • Alfieri, Vittorio - Vita, introduzione e note di G. Cattaneo, Milano,Garzanti, 1977.
  • Bataille, Georges - La letteratura e il male, Milano, Mondadori, 1991.
  • Blanchot, Maurice - Le livre à venir, Paris, Gallimard, 1959.
  • Castelli, Enrico (a cura di) - La diaristica filosofica, in «Archivio di Filosofia», n.
    2, 1959, Roma, Cedam.
  • Congdon, Lee - The Making of a Hungarian Revolutionary: The Unpublished Diary of Béla Balázs, in «Journal of Contemporary History», VIII, n. 3, 1973, pp. 57-74.
  • Ferrata, Giansiro (a cura di) - La Voce 1908/1916, San Giovanni Valdarno - Roma, Luciano Landi editore, 1961.
  • Focillon, Henri - Vita delle forme seguito da Elogio della mano, Torino, Einaudi, 1990.
  • Gide, André - Dostvevskij, Bompiani, Milano, 1946.
    - Journal 1889-1939, Paris, Bibliothéque de la Pléiade, 195 1.
    - Journal 1939-1949. Souvenirs, Paris, Bibliothéque de la Pléiade, 1952.
  • Grillparzer, Franz - Sämtliche Werke. Ausgewählte Briefe, Gespräche, Berichte, IV, Selbstbiographien - Autobiographische Notizen - Errinnerungen - Tagebücher - Briefe, Zeugnisse und Gespräche in Auswahl, München, Carl Hanser, 1965.
  • Hebbel, Friedrich - Diario, introduzione e traduzione di S. Slataper, Lanciano, Carabba («Cultura dell'anima»), s. d. [ma 1912].
  • Hocke, Gustav René - Das europäischeTagebuch, Wiesbaden, Limes, 1978.
  • S. Kierkegaard, Sören - Enten-Eller (Aut-Aut), Milano, Adelphi, 1980.
    - La malattia mortale, Roma, Newton Compton, 1976.
  • Lukács, Gyorgy - Cultura estetica, Roma, Newton Compton, 1977.
    - Diario (1910-1911), a cura di G. Caramore, con un saggio di M. Cacciari, Milano, Adelphi, 1983.
    - Die Seele und die Formen. Essays, Neuwied und Berlin, Luchterhand, 1971.
    - Il marxismo e la critica letteraria, Torino, Einaudi, 1977.
    - La distruzione della ragione, Torino, Einaudi, 1959.
    - Scritti sul romance, Bologna, Il Mulino, 1982.
    - Teoria del romanzo, Milano, Mondadori, 1962
  • Poulet, Georges - Entre moi et moi, Paris, Corti, 1977.
  • Rousset, Jean - Le journal intime, texte sans destinataire?, in «Poétique», n. 56, 1983, pp. 435-443.
  • Schaeffer, Jean Marie - Che cos'è un genere letterario, Parma, Pratiche, 1992.
  • Simmel, George - Saggi di estetica, Padova, Liviana, 1970.
  • Trilling, Lionel - Sincerity and Authenticity, Cambridge (Mass.), Harvard University Press, 1972.

 

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Giugno 2001, n. 1